C’era una volta un torchio da olio a Calosso

Vedere spuntare ulivi sulle colline nostrane è una delle cose che più mi colpisce e resto sempre affascinata da questo tipo di “visione”. Già tempo fa scritti degli ulivi incontrati a Bubbio, in Langa Astigiana, e molti mi è capitato di vederne in altri luoghi tra Langhe, Monferrato e Roero.
Tanti ce ne sono pure a Calosso, immortalati in più foto nel corso delle stagioni, ma solo leggendo “Gente di Calosso”, il volume di Piero Bussi che racconta la storia del paese dagli albori al ventesimo secolo, ho capito che la loro presenza non è casuale ma sono testimoni di tradizioni lontane.

Vista sui paesaggi vitivinicoli Patrimonio dell'Umanità

Dagli atti ritrovati e analizzati da Piero Bussi è emerso che, nell’attuale vicolo che collega via Roma a piazza Re Umberto, che si chiamava, all’inizio del ‘700, “la Contrada delle Lobbie”, esisteva un torchio da olio “andato purtroppo distrutto a causa di un incendio provocato dalle truppe francesi” nel 1704.
“La presenza certa di un torchio da olio sottintende anche l’esistenza di un frantoio e quindi di una sia pure ridotta coltura dell’ulivo. Del resto fin da tempi remoti dalle nostre parti si coltivava l’ulivo, come prova il nome del vicino paese di San Marzano Oliveto; ancora oggi diverse piante tuttora produttive è possibile osservare specialmente nei versanti a sud del paese. La coltura dell’ulivo comunque si ridusse drasticamente proprio in quegli anni e precisamente nel 1705, in cui un eccezionale freddo viene ricordato dagli storici come principale artefice della morte di gran parte dei preziosi alberi.”

Vista sui paesaggi vitivinicoli Patrimonio dell'Umanità

Ma, nonostante a me faccia questo effetto, non c’è da stupirsi della presenza degli ulivi in particolare sui versanti più soleggiati delle nostre colline.
Furono i Liguri a portare anche da noi la coltivazione dell’olivo: come cita Bussi lo testimonia la toponomastica di alcuni Comuni come il già citato e vicino San Marzano Oliveto, oppure come Olivola, nel Monferrato casalese, e diversi Monte Uliveto o Strada degli Ulivi (tra Grazzano Badoglio e Patro di Moncalvo)…
In una relazione del 2004 del prof. Giancarlo Durando, Docente Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura e l’Ambiente “Vincenzo Luparia” di San Martino di Rosignano che da inizio anni 2000 ha avviato un progetto legato alla presenza dell’ulivo [o anche olivo, secondo Treccani] in Monferrato, viene spiegato che “La coltivazione dell’olivo si diffuse sempre di più nel Monferrato e nei territori limitrofi, fino a raggiungere la sua massima diffusione nella seconda metà del Duecento, allorché molti statuti prevedevano l’obbligo della piantagione di olivi nella fascia pedemontana che va dalla Langa al Monferrato, fino ad arrivare, verso nord, ad aree con microclimi compatibili al loro sviluppo.”
Dunque, quello che magari oggi può sembrare strano (qualcuno come me ci sarà che si stupisce per queste presenze o sono solo io che sono estremamente sensibile?) è invece una coltura che era diffusa un tempo e dunque, se c’erano gli ulivi, era normale trovare frantoio e torchio da olio senza essere in Liguria, ma tra Langhe, Monferrato e Roero.
Ulivo a Govone
Ulivo tra le vigne del Roero

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