Il Parco Scarrone a Canelli, esperienza a misura di famiglia

Nella mia rubrica del sabato mattina su ATnews.it ho dedicato una puntata al Parco Gian Carlo Scarrone di Canelli, un articolo che potete leggere cliccando QUI e di cui vi riporto alcuni passaggi raccontando però quella che è stata la mia esperienza in questa area al cospetto del torrente Belbo.

Parco Gian Carlo Scarrone a Canelli

Avete mai corso costeggiando un fiume? La presenza del fiume è ormai da oltre un decennio quasi una costante nei miei allenamenti. Personalmente trovo che l’acqua dia un senso di libertà ma nello stesso tempo porti a riflettere sulla necessità di rispettare l’ambiente, perché è proprio l’acqua l’elemento che ci mette paura durante i periodi di forti piogge, in particolare nei mesi di ottobre e novembre, quando si ripresenta periodicamente il pericolo di alluvione, in una terra che ricorda ancora con vivo dolore quanto accadde nel 1994.

Parco Gian Carlo Scarrone a Canelli

Dunque il fiume va vissuto consapevolmente, godendo della sua bellezza ma rendendosi conto che deve essere assolutamente rispettato. Il fiume “di casa” per me è il Tanaro, in cui si butta il fiume che ho piacevolmente scoperto, il Belbo, con un’esperienza che può essere vissuta a misura di famiglia, al Parco Gian Carlo Scarrone. Il progetto del Parco è nato da un’idea della persona a cui è dedicato, fondatore dell’Associazione Valle Belbo Pulita: proprio Gian Carlo Scarrone, grande uomo simbolo di amore per la valle Belbo, osservò come germogliava la natura nella cassa di espansione del Torrente Belbo costruita dopo la tragica alluvione del 1994 e come questo poteva rappresentare una grande opportunità per recuperare non solo l’ambiente, ma soprattutto il rapporto tra uomo e fiume.
E il risultato è una vasta area in cui avvicinarsi al Belbo e a tutta la vita che l’acqua sa generare intorno, il tutto nella libertà e nel benessere del movimento.

Parco Gian Carlo Scarrone a Canelli

E quindi, una corsa, una camminata o una pedalata mattutina in compagnia, possono diventare non solo un momento di sport e di svago per il corpo e per la mente, ma anche un momento in cui osservare la natura e tornare a casa con qualche conoscenza e molta consapevolezza in più di quanto la natura sia straordinaria! La mia compagnia è stata speciale, perché ho condiviso questa esperienza sportiva e didattica con mia figlia e mia mamma e quindi posso consapevolmente dirvi che il parco è davvero a misura di tutta la famiglia.

Parco Gian Carlo Scarrone a Canelli

Podisticamente parlando si possono scegliere percorsi di lunghezza diversa, come l’anello più corto di due chilometri e quello più lungo di circa quattro chilometri. Si corre molto vicino al letto del fiume, costeggiando i canneti e la fitta vegetazione, con le acque del Belbo che ogni tanto si lasciano guardare per poi sparire tra gli alberi e ricomparire tra radure e insenature. L’acqua quando è così cheta ha un non so che di estremamente romantico, nel senso originario del termine.

Parco Gian Carlo Scarrone a Canelli

Come ho scritto nel mio articolo su ATnews.it quello che c’è di speciale in questo luogo è che, mano a mano, la natura ha arricchito le casse di espansione regalando loro una ricchezza speciale. E così, facendo attività sportiva nel parco Scarrone, ecco che si possono vedere aironi posarsi nel fiume e poi riprendere il volo, oppure una simpatica famigliola di anatre con i piccoli, e sentire il gracidare delle rane nello stagno che si è formato nella zona più umida dell’invaso. Tutto questo ha un immenso valore didattico e per questo l’Associazione Valle Belbo Pulita ha organizzato, nel corso del tempo, numerosi eventi coinvolgendo le scuole. Vivere il Parco Gian Carlo Scarrone diventa quindi un’esperienza naturalistica vera e propria, se poi si ha la fortuna di essere accompagnati da persone preparate ed appassionate come Simona Scarrone e Romano Terzano, si imparano in poco tempo moltissime cose. Come l’esempio a cielo aperto di come funziona la fotosintesi clorofilliana, grazie ad un salice piangente: con il tronco inclinatosi sul fiume, ma con le radici ancora ben salde sulla riva, le fronde dell’albero si sono adattate alla nuova posizione orientandosi verso il sole, anziché appoggiarsi dall’altra parte dell’alveo, per catturare al meglio i raggi solari. Questo si chiama adattamento e la natura non può che esserne grande maestra.

Parco Gian Carlo Scarrone a Canelli

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