Il torchio è una macchina fondamentale per l’enologia per esercitare pressione per la spremitura delle vinacce ed è uno strumento che si può incontrare spesso come elemento di “arredo urbano”, in particolare ad Asti, dove ce ne sono in diversi angoli della città, o come simbolo di tradizione nelle campagne del Monferrato.
La prima volta che ebbi un impegno ad Asti, alla mia prima lezione di scuola guida, l’appuntamento mi fu dato proprio “al torchio della stazione”: infatti, in una delle zone più frequentate della città, c’è un torchio antico che ricorda il legame con il vino di queste terre. Ma ultimamente mi sono resa conto che si possono vedere moltissimi torchi antichi andando in giro per la provincia di Asti ed osservando con curiosità quello che c’è intorno a noi.
In alcune cantine il torchio è ancora utilizzato, mentre in altre è stato sostituito da attrezzature più moderne che si occupano di questa fase della vinificazione. Io però non sono esperta di questo settore, quindi mi fermo qui nel fornirvi informazioni sull’utilizzo del torchio, ma posso consapevolmente dire che, volenti o nolenti, il vino è presente nelle vite di chi viene dai paesi tra Langhe, Roero e Monferrato.
Il torchio mi fa tornare indietro nel tempo, a quando ero piccola. Ricordo i profumi, ricordo la grande operosità nelle serate autunnali, la fila di trattori ricolmi di uva in attesa di scaricare alla cantina sociale, ricordo il mio interesse da bambina che ad ogni vendemmia scopriva qualche cosa di nuovo.
Nelle foto sono a Mombercelli, non lontano dalla bottiglia gigante numero 1, dove è stato allestito un bel punto panoramico con tanto di torchio da dove ammirare la bellezza dei Paesaggi Vitivinicoli riconosciuti dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. A Mombercelli ci sono andata a novembre e poi di nuovo ad aprile, per immortalare tutta questa bellezza con i diversi colori che la natura regala. Ecco a voi il colpo d’occhio. Non vi basta? Guardate un po’ qui –> Mombercelli, come cambiano i colori nel segno della perenne bellezza
Foto a cura di Maria Grazia Billi.
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