Questo racconto si potrebbe sottotitolare “una gita di lavoro a Roccaverano”. Potrete, giustamente, pensare che gita e lavoro nella stessa frase non ci azzecchino molto ma quando il lavoro permette di vivere giornate vibranti come quella che ho passato a Roccaverano il concetto di lavoro diventa assolutamente piacevole.
E quando vengo da queste parti non posso che essere felice perché la Langa Astigiana è meravigliosa! Salire a Roccaverano, con i suoi 800 metri di altitudine, permette di avere uno sguardo dall’alto che si perde all’infinito, dalle Langhe, alle Alpi, perfino al mare in certe giornate limpide. Non solo paesaggio: qui si può ammirare un patrimonio architettonico notevole, tra torri, resti del castello, e le chiese, una su tutte, quella bramantesca in centro paese. Non si può non innamorarsi di tutto questo!
A Roccaverano, giovedì 12 maggio, si è svolta la cerimonia di attribuzione del titolo “Città del Formaggio 2022 ” assegnato dall’ONAF, seguita da una degustazione di tre tipi di Robiola di Roccaverano DOP, la Regina di queste terre, che nasce grazie alla dedizione e alla resilienza di produttori e allevatori della zona. [QUI il mio articolo per ATnews]
Partecipare a questi eventi permette non solo di scoprire gusti del territorio ma anche di ritornare a condividere momenti gioviali con tante persone! Diventano occasioni di confronto, di scambio e anche di svago, condividendo queste esperienze con persone speciali, e ora le apprezzo ancora più di prima della pandemia!


Grazie all’ONAF ho potuto conoscere e degustare la Robiola di Roccaverano, una delle pochissime DOP caprine, che ha la particolarità di proporsi in tre “età” differenti pur essendo sempre lei: fresca, entro i 10 giorni di stagionatura, media, sui 20 giorni, e secca, con 120 giorni. A vederle insieme nel piatto sembrano rappresentare tre generazioni a confronto: dalla più giovane, fresca e ancora acerba, alla mezzana, che inizia a manifestare i primi segni del tempo che passa ma è ancora molto vivace, fino alla più esperta, dura ma fiera, dal gusto deciso, la crosta dura ma tantissima generosità. Queste tre età della robiola mi evocano il ciclo della vita.
Grazie a questa esperienza ho scoperto che la Roccaverano DOP ha origine antiche, fino al popolo del Celti, primi produttori di un formaggio simile da queste parti, mentre il nome “Robiola” ha origini romane e deriva da “ruber”, per il colore rossastro che prende la crosta a fine stagionatura e già Plinio Il Vecchio citava la “rubeola” come prelibatezza piemontese.
